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Bellanova: "Dove l'economia è fragile diventa molto più forte la spinta a eludere le regole"

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Intervista di Nando Santonastaso, "il Mattino", 1 ottobre 2021.

Viceministra Bellanova, i dati Inail indicano che al Sud, e in particolare in Puglia, l'incidenza dei casi mortali è maggiore. Cosa succede?
«Non vorrei che dove nel nostro Paese il tessuto produttivo è più fragile rischi di essere ancora più pervasiva la dinamica dell'elusione delle regole - risponde Teresa Bellanova, viceministra alle Infrastrutture e Mobilità Sostenibili -. e a maggior ragione perciò una cosa va detta con grande chiarezza: non esistono morti bianche sul lavoro».

Che vuol dire?
«Quando c'è un incidente sul lavoro, c'è una responsabilità: un mancato controllo, una mancata formazione, una mancata consapevolezza sugli strumenti a disposizione, una mancata tutela. Ogni morte dice che c'è una cosa che si doveva fare e non è stata fatta e una cosa che è stata fatta e non si doveva fare. Succede che non si fa sufficiente prevenzione mentre è necessario rafforzare la quantità e la qualità della formazione per gli imprenditori, i lavoratori, per gli rls, i rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza. Significa mettere a conoscenza dei rischi che ogni lavoro comporta, informare esattamente su come funziona una macchina, e su quali sono i presidi da utilizzare a tutela della vita. La cultura della sicurezza è questa. Una cosa molto più impegnativa che mettere qualche crocetta su qualche foglio».

Lei fa capire che il problema è di tutto li Paese, non solo di un'area rispetto ad un'altra. Ma allora cosa non funziona nella prevenzione?
«La prevenzione, appunto. La tutela della vita sui luoghi di lavoro non è in astratto; richiede una rete di comportamenti e competenze, strettamente connessi gli uni con gli altri. Non sono le norme che mancano. La nostra legislazione, lo ribadisco perché va sottolineato. è una delle migliori al mondo. Fino a che però la sicurezza nelle aziende sarà considerata un costo e non un investimento, peraltro quello che più e meglio di altri identifica il valore sociale dell'impresa, noi non ne verremo a capo. Non abbiamo bisogno di nuove leggi ma di più rispetto delle norme, più vigilanza e controlli, più cultura della tutela del lavoro».

In concreto?
«Più formazione delle lavoratrici, dei lavoratori, degli addetti alla sicurezza e di chi, indicato dalle organizzazioni di categoria, svolge il delicato compito di garantirne il rispetto. È necessaria più consapevolezza da parte di tutti. E qui parlo anche alle coscienze e alla responsabilità di chi quei luoghi li ha creati, li amministra e li gestisce, e di chi è preposto ai controlli».

E nel frattempo?
«Ascolti, ma non le sembra allucinante che nei mesi più duri della pandemia si sia riusciti a fare la Dad anche per le bambine e i bambini, ma non la formazione a distanza per le lavoratrici e i lavoratori in cassa integra zione Covid? Abbiamo chiesto alle persone dì restare chiuse a casa ma non abbiamo attivato strumenti che nel frattempo potevano essere utili e garantire supporti preziosi. Non so più quante volte ho posto questo tema nel passato governo. Lo sapevamo tutti che nel post Covid molte aziende non avrebbero riaperto, molte persone avrebbero corso il rischio di perdere il lavoro, eppure non si è voluto e non sì è stati capaci né di attivare formazione a distanza per la ricollocazione. né formazione sulla sicurezza. Ho trovato muri e orecchie da mercante. Quando parlo di responsabilità e inadeguatezza delle classi dirigenti penso anche a questo».

Il governo anche sulla scia dei richiami del presidente Mattarella ha promesso che si occuperà a fondo del problema. A cosa si sta pensando?
«Come sa non è tema sul mio tavolo ma voglio sperare che adesso si passi ad azioni concrete, per esempio assumere più ispettori per la sicurezza. E mi riferisco anche al personale Asl. Ringrazio il Presidente Mattarella per non aver abbassato un attimo la guardia su questo come su altri temi cogenti. Sto agli impegni assunti dal Presidente Draghi, e sono certa che si concretizzeranno al più presto. Quanto ai Piani formativi, devono essere finalizzati con grande attenzione; stessa attenzione va posta nella individuazione dei formatori, perché siano professionalità realmente esperte e capaci di trasmettere competenza e saperi».

La ripresa è sicuramente una incognita sotto il profilo della sicurezza e i cantieri previsti dal Pnrr non saranno pochi. Dovremo convivere con tanti incidenti sul lavoro in nome della crescita?
«Assolutamente no: crescita e sicurezza, lavoro e salute non vanno contrapposti. Dirò di più: va accettata la sfida che proprio l'attuazione del Piano debba rappresentare un radicale cambio di passo anche su questo perché sicurezza del lavoro, qualità delle opere, rispetto dei tempi nell'attuazione, rispetto delle norme e trasparenza non solo possono ma devono andare di pari passo. Negli appalti il rispetto dei protocolli per la sicurezza non può essere un optional perché non si può massimizzare il profitto a scapito della vita. E nessuno venga a dire che velocizzare la realizzazione di una infrastruttura significa meno sicurezza perché non è assolutamente vero. Sui cantieri e dovunque si muore non perché le opere vanno consegnate nei tempi stabiliti ma perché manca la prevenzione, c'è poca formazione e non si rispettano le norme. L'innovazione che sta modificando radicalmente i luoghi di lavoro deve trovare personale adeguatamente formato e qualificato e questa formazione va inscritta nei bilanci come investimento e non come costo. È l'innovazione che deve aumentare la redditività, non l'elusione delle norme».

Ma non teme che alla lunga tra rischi sulla sicurezza e precarietà occupazionali al Sud, molti potenziali occupabili si rifugino nell'assistenzialismo?
«È un rischio che va assolutamente impedito, un patto perverso con pezzi di popolazione che significherebbe la morte del Mezzogiorno e la condanna ad una residualità senza ritorno. Bisogna lavorare per affermare cultura del lavoro, formazione qualificata, nuove economie, innovazione, ricerca. allargamento della base produttiva e occupazionale, inclusione delle nuove generazioni e delle donne. Altro che assistenzialismo!».