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Bellanova: "Aiutiamo l'industria dei fiori"

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Intervista di Simone Gallotti, "il Secolo XIX", 28 marzo 2020.

Tamponata l'emergenza dei 100 mila florovivaisti italiani, adesso per Teresa Bellanova, la ministra di Italia Viva che ha in mano i dossier dell'agricoltura, si apre un altro problema: la pesca. Ed è l'Europa che deve dare una mano: «Sarà un banco di prova per tutti».

La filiera dei fiori in Liguria rischiava di pagare un prezzo altissimo. Come avete rimediato?
«Come facciamo da settimane: monitoraggio costante delle difficoltà, condivisione con Regioni, associazioni di categoria, sindacati, distribuzione, individuando di volta in volta il modo ottimale per intervenire. Il florovivaismo (100mila addetti in 27mila aziende per oltre 2.5 miliardi di euro di fatturato oltre l'indotto) rischiava di non sopravvivere. Ma non possiamo permetterlo per nessun segmento della filiera agricola e agroalimentare: è strategica e sta garantendo il bene cibo al Paese. Il chiarimento pubblicato nelle faq del sito del governo fuga ogni dubbio: semi, piante, piante da frutto, fiori ornamentali, piante in vaso, fertilizzanti, possono essere prodotti, trasportati, commercializzati. I negozi per la vendita restano aperti dovunque, non solo nella distribuzione organizzata. Il lavoro di concerto con lo Sviluppo economico e con le associazioni ha dato buon esito e respiro a un settore fondamentale per la nostra agricoltura. Produttori e commercianti hanno temuto di dover mandare al macero tonnellate e tonnellate di merce, e a volte è accaduto. Almeno in parte, non sarà così. Ora dobbiamo concentrarci su come garantire ulteriormente, anche nel prossimo Decreto legge, liquidità e forza a imprese, lavoratori, cittadini».

Quanto può andare avanti la chiusura del Paese? Sindacati e Confindustria sono su sponde opposte: da che parte sta?
«Mi sforzo di essere dalla parte della ragionevolezza consapevole che questo momento delicatissimo richiede un più di determinazione e coraggio per scelte molto complicate e fino a ieri impensate, da cui dipenderà, di fatto, la ripresa di domani. Mi viene in aiuto la lunga esperienza maturata ai tavoli di crisi: non ci si alza mai prima di aver raggiunto l'intesa migliore. Significa molte ore di lavoro in più, qualche dichiarazione in meno, molta ponderatezza e soprattutto capacità di spostare in avanti la qualità della risposta e della sintesi, anche verso soluzioni impensate. C'è un pezzo di produzione che è parte integrante della vita del Paese. Teniamolo a mente. Nei luoghi che restano aperti le lavoratrici e i lavoratori devono essere certi che la loro salute è una priorità per il governo e per tutti. E noi dobbiamo corrispondere a questo bisogno».

C'è anche un nodo politico sul fronte Ue. Andiamo verso la fine dell'Europa?
«Molto dipenderà dall'Europa. Ai miei colleghi europei dell'agricoltura chiedo cose molto precise: coraggio, visione, consapevolezza sulla enormità della posta in gioco. Dobbiamo mettere in campo soluzioni imponenti: nessuno deve avere la sensazione che Bruxelles, e altri Paesi europei, sottovalutano lo stato delle cose. La filiera alimentare sta garantendo il cibo dovunque: è una priorità strategica. Serve un piano straordinario con risorse extra Pac. Ieri l'ho nuovamente sollecitato al Commissario Sinkevicius, per la pesca. Settore che sta vivendo un momento difficilissimo: fatturati ridotti, calo dei prezzi di prima vendita, dimezzate le vendite nell'acquacoltura per oltre il 50%. Servono soluzioni capaci di rispondere ai problemi. Questo sarà un banco di prova per tutti, innanzitutto per l'Europa. D'alta parte la chiarezza delle parole di Draghi rende perfettamente le priorità e delinea le cose da fare subito. Non bisogna perdere neanche un minuto. Nessuno può fare orecchio da mercante. Credo che il messaggio di ieri del Presidente Mattarella non lasci spazio a interpretazioni».

Fronte interno: c'è un problema politico in maggioranza? Il governo di unità nazionale è un'ipotesi plausibile? Renzi non lo esclude...
«Non è questione di formule ma di adeguatezza al momento. La responsabilità e la condivisione delle scelte è quanto si richiede alle classi dirigenti in questo momento, fermo restando la necessità e utilità di confronti anche aspri. Non è l'unanimità purchessia, il tema. Piuttosto mettere in primo piano non il proprio ma l'interesse del sistema-Paese, che va difeso adesso e garantito dopo. Anche con il lavoro parlamentare, essenziale. Come Italia Viva è il tema che abbiamo posto dall'inizio e che continuiamo a porre».

Liguria: per ripartire va varato un grande Piano di opere pubbliche? Dalla Gronda in particolare?
«Opere pubbliche e infrastrutture devono ripartire. Subito dopo l'emergenza, e se ce ne sono le condizioni il prima possibile, Italia Shock sarà all'ordine del giorno. Perché lo shock sia tangibile, alle parole devono seguire però i fatti. Come per la Gronda. È una priorità assoluta, non solo per la Liguria. Ogni infrastruttura realizzata produce qualità strutturale e immateriale. Lo stiamo verificando ora con la banda larga. I ritardi non sono più ammissibili».