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Audiovisivo: una rivoluzione nel segno dell'efficienza è possibile e urgente

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Un contributo di Marco Caberlotto e Lucio Scarpa, produttori cinematografici indipendenti.

Lo stop alle attività economiche non essenziali impone una riflessione agli operatori economici e ai regolatori anche del settore audiovisivo, sia nella lettura della situazione, sia nella costruzione di una prospettiva di uscita dalla fase emergenziale e di graduale ritorno alla normalità. Se l'industria culturale tutta si trova in un momento di gravissimo stallo, quella audiovisiva è particolarmente colpita, sia nel campo cinematografico sia in quello televisivo: proseguono le attività di documentazione più prettamente giornalistica; proseguono le attività di postproduzione già avviate e quelle di sviluppo di nuovi progetti, sebbene a ranghi ridotti.

Ferme le produzioni che erano pronte alle riprese. Chiuse le sale, con i conseguenti rinvii delle uscite dei film (e i relativi incassi). Ma, ancor più preoccupante, si fatica a vedere un orizzonte entro il quale programmare le fasi di ripresa delle attività. Per sottolineare l'importanza della questione, basti pensare che si tratta di un mondo composto da 8500 imprese, per 61 mila posti di lavoro diretti più 112 mila delle filiere connesse.

Anche su questo settore incombe la spada di Damocle dei pagamenti. Dai clienti e dallo Stato e le sue ramificazioni al settore audiovisivo, come anche al suo interno. I professionisti e i tecnici possono avvalersi di diversi tipi di ammortizzatori sociali (disoccupazione, FIS, CiG) o dei €600 per chi ha partita IVA, ma è complicato immaginare una resistenza lunga, sempre sperando che l'erogazione degli aiuti avvenga in tempi rapidi.

Le aziende potranno – si spera a breve – accedere a maggiore liquidità grazie alle nuove garanzie statali, sperando che dagli istituti di credito ci sia una reale semplificazione e velocizzazione dell'iter per i finanziamenti. Ma tutto questo basterà a non far saltare quel mondo di PMI e di microaziende (spesso partite IVA personali) del settore? Basterà a mettere nelle condizioni di ripartire, nella tanto citata “fase 2”?

Noi crediamo che, con un costo tendente allo zero, si possa costruire in questa fase un piano organico di intervento pubblico che garantisca la sopravvivenza delle imprese e, di conseguenza, dei professionisti e dei tecnici, gettando le basi per la programmazione dei mesi a venire. In poche parole, una piccola rivoluzione nel senso dell'efficienza.

Il MIBACT sta già – lodevolmente - impegnandosi a sbloccare le risorse in sospeso da tempo come il tax credit 2019. Come altre risorse già a bilancio e dovute, poiché rispondenti ai criteri di legge. Risorse che possono generare liquidità immediata o nel breve periodo. Chiudere il 2019 e aprire la finestra per il 2020 deve essere una delle priorità. Sempre il Ministero, può e deve anche agire sui bandi di sua competenza, su più fronti: anzitutto, pubblicando con celerità i risultati dei bandi pendenti; poi, redigendo rapidamente i prossimi bandi, dichiarandone da subito un calendario certo; infine, semplificando l'iter burocratico per l'accertamento del completamento lavori per quanto riguarda le produzioni risultate vincitrici dei bandi precedenti e la conseguente velocizzazione dei saldi.

Agendo su questi tre fronti si darà alle imprese un concreto aiuto sia immettendo denaro (non extra, ma dovuto e contabilizzato), favorendo il pagamento dei debiti all'interno del mondo audiovisivo, sia favorendo la programmazione grazie al criterio della certezza delle scadenze future. Infine, diventa sempre più urgente un ruolo guida da parte della televisione di Stato. La RAI, azienda che incassa il canone dalle bollette dei cittadini, non può agire come una qualsiasi TV privata. Deve, come sta avvenendo in Francia e Germania con ARTE e ZDF, agire a supporto del settore, secondo quanto previsto dalla legge cinema del 2016 e dai suoi piani industriali, in particolare su tre aspetti.

Primo, l'acquisto di film, documentari e corti di nazionalità italiana da produttori indipendenti, aumentando la programmazione di titoli inediti e di vario genere ad un pubblico ben più vasto del solito per via della reclusione forzata in casa. Secondo, l'ampliamento dell'offerta di canali tematici, quali storia, cultura, cinema, anche grazie a RaiPlay, costruendola in base all'età del pubblico: questo darebbe alle scuole uno strumento potentissimo di sostegno all'offerta formativa, decisamente superiore alle letture di pdf consigliati dai docenti. Da ultimo, la costruzione di più coproduzioni con i produttori indipendenti italiani, come di preacquisti e manifestazioni di interesse, da parte della RAI: questo consentirebbe una maggiore forza nei bandi, a livello nazionale, europeo ed internazionale.

Per far fronte all'emergenza e alla situazione ad essa successiva è necessario e urgente pianificare il futuro. Più che costruire nuovi strumenti normativi di cui dotare il settore audiovisivo, diventa centrale rendere quelli già esistenti rapidi, operativi, efficaci. Nella crisi, si potrà innovare e anche immaginare un nuovo modo di produrre spettacolo e cultura, ma per farlo bisogna mettere nelle condizioni gli operatori di poterlo fare. Rendere più efficienti i contributi pubblici a sostegno dell'audiovisivo, oltre che una necessità dell'immediato, può diventare un'opportunità per il post-emergenza.