L'assessora Cappello: "Milano sia la città del buon lavoro"

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L'intervista all'assessora allo Sviluppo Economico di Milano Alessia Capello per Repubblica 

di Andrea Montanari 

Alessia Cappello, assessora comunale al Lavoro, a otto mesi dalla presentazione del Patto per Milano possiamo fare un primo bilancio?

«L'arrivo dei nuovi Centri per l'impiego era una cosa che si aspettava da vent'anni e finalmente la stiamo mettendo in piedi». Era una delle azioni del Patto e finalmente la stiamo mettendo in piedi. La capillarità dei Centri per l'impiego o sportelli per il lavoro è in linea con il progetto della città in quindici minuti. Abbiamo sperimentato i mercati ora queste sedi dobbiamo renderle stabili».

Che cosa intendete fare?

«Il progetto femminile Mentorship ha creato una rete di ottocento donne. Abbiamo lanciato Osservalavoro Milano. Abbiamo iniziato a creare un rete e nel 2024 ci concentreremo nella collaborazione con le scuole superiori, che si sono dette interessate sul tema dell'orientamento professionale da fare a scuola. Poi ci sono le manifestazioni di interesse che ci sono arrivate da molte categorie. Nel Patto abbiamo coinvolto anche Assolavoro, che è l'associazione che rappresenta le agenzie per il lavoro private».

Perché domanda e offerta di lavoro non si incontrano?

«Prima di tutto c'è un problema di incrocio dei dati. In passato Centri per l'impiego e agenzie per il lavoro difficilmente hanno collaborato. La pandemia inoltre ha un po` cambiato l'approccio con il lavoro in particolare dei giovani».

Come?

«Siamo cresciuti con l'idea che si doveva lavorare per vivere oggi il lavoro serve per vivere bene. Chi cerca lavoro oggi cerca anche welfare, benessere. Possibilità di formazione e di carriera. Il riconoscimento del proprio talento. Non è solamente un tema di salario anche se resta prioritario in una città cara come Milano».

Cosa risponde agli imprenditori che non riescono a trovare manodopera?

«I posti vacanti ci sono in tutti i settori e sono un fenomeno preoccupante perché chiudono anche imprese per questo motivo. Non si trovano nemmeno i manager. Non ci sono giovani che si assumono il rischio di fare gli imprenditori».

Come affrontare il tema di Milano troppo cara?

«Bisogna ritrovare il senso di comunità. Fare rete tra istituzioni mondo delle imprese, dei sindacati della formazione Noi lo abbiamo fatto con il Patto per il Lavoro. Perché è vero che Milano è attrattiva a livello internazionale e ci sono opportunità di ottimo livello, ma dobbiamo fare di più per ottenere occupazione di qualità».

Con quale ricetta?

«Uno dei capitoli del Patto si chiama Milano città del buon lavoro. Dove hai quella rete di comunità alla quale ti puoi appoggiare per i servizi, le strutture che ti servono per crescere, uno sviluppo economico giusto. Sostenibile e senza discriminazioni».

In quale modo?

«Con tutti i bandi di economia urbana per portare le attività anche in periferia. Provando a sviluppare il tessuto artigianale nei vari quartieri»

Come sta la città dal punto di vista dell'occupazione?

«È vero che l'occupazione è cresciuta, ma seimila donne hanno perso il posto di lavoro. I dati sono positivi, abbiamo mille imprese in più, ma l'allarme c'è».

Che impatto avrà l'abolizione del reddito di cittadinanza?

«Quello che mancava erano le politiche attive del lavoro. Uno degli obiettivi ora è allargare le misure che abbiamo attuato per le donne per intercettare anche quelli che percepivano il reddito di cittadinanza».