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Annamaria Parente: "Lo smartworking e il dibattito sull'equilibrio tra il diritto alla salute e quello del lavoro"

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L'intervento pubblicato sul "Il Dubbio", 16 settembre 2020.

La comunità scientifica non conosce ancora perfettamente l'infezione da Coronavirus. Molti passi avanti sono stati fatti nel mondo negli otto mesi trascorsi, in termini di cure, di vaccino, di test, di app per tenere sotto controllo l'epidemia. Ma tanta strada è ancora da percorrere per vincere questa sfida con il virus che non è uno sprint ma si configura come una maratona. Intanto i governi dei vari paesi si sono trovati a prendere dei provvedimenti immediati e urgenti per diminuire i contatti tra le persone nel mondo del lavoro, della scuola, nelle relazioni sociali ed impedire al virus di diffondersi.

Una delle misure che sono state adottate fin dalle prime norme emergenziali proposte dal nostro governo riguarda al possibilità di lavorare quanto più è possibile a distanza grazie allo smartworking, soprattutto per le lavoratrici e i lavoratori più fragili e i genitori con figli piccoli in particolare durante la chiusura delle scuole. Naturalmente non tutti i lavori possono essere ipotizzabili in smartworking, e non smetteremo mai di ringraziare chi, anche durante il lockdown, ha garantito la continuità del proprio prezioso lavoro, dai sanitari, alle forze dell'ordine, ai lavoratori dei trasporti, agli addetti alla vendita, alla ristorazione, alla filiera alimentare. Ed è stato anche giustissimo equiparare, già nel primo provvedimento del governo "Cura Italia", la quarantena dei lavoratori alla malattia.

Il diritto alla salute è sicuramente prevalente in caso di epidemia. Ora siamo nella fase delicatissima di "convivenza" con il virus. E, durante il periodo estivo con la necessità di aumentare i tamponi per le persone di rientro da paesi a rischio e da zone del paese dove si sono sviluppati focolai dell'epidemia, abbiamo avuto la conferma che la malattia si sviluppa in molte persone senza sintomi, soprattutto tra i più giovani. In più esiste ora un dibattito nel mondo sulla possibilità di abbassare il numero dei giorni di quarantena che oggi è stabilito di quattordici giorni. Molte evidenze scientifiche dimostrano che la malattia si manifesta nella prima settimana. Certamente non si ha ancora la certezza di tali affermazioni, ma questi orientamenti degli esperti corrispondono sicuramente a una diversa e maggiore conoscenza dell'infezione dopo tanti mesi di osservazione.

Ed allora nei prossimi mesi come legislatori dovremmo riflettere su un necessario equilibrio tra salute e lavoro, entrambi diritti costituzionalmente garantiti. Sarà importante ad esempio trovare soluzioni per consentire il lavoro da remoto per chi è in quarantena ma è asintomatico. È vero che spesso non conosciamo l'evoluzione della malattia, ma con un certificato medico e con il consenso delle lavoratrici e dei lavoratori si può rendere la norma più "flessibile" in caso di lavoro da remoto, permettendo anche l'entrata e uscita dalla malattia. Alle porte dell'autunno e dell'inverno non è possibile sicuramente abbassare la guardia sul rispetto delle regole, dimenticare le vittime del coronavirus e le sofferenze di tante famiglie, ma rendere le norme adottate con l'obiettivo della sicurezza sanitaria, come lo smartworking, più rispondenti alle esigenze di lavoratori ed imprese è fondamentale per una ripresa economica e occupazionale che deve affiancare la salute delle nostre comunità.

È auspicabile un confronto di merito anche tra le parti sociali. Inoltre è fondamentale invitare imprenditori e tutte le lavoratrice e i lavoratori, di qualsiasi settore che non possono lavorare da remoto ad accrescere il livello di responsabilità, sia nel salvaguardare la propria salute con aumento vigile e superiore delle norme prudenziali, sia nel condividere la riattivazione dell'economia. Infine sono da sostenere ancora di più di come abbiamo fatto finora le lavoratrici e i lavoratori non garantiti da un reddito fisso alla fine del mese, da quelli dello spettacolo, delle attività sportive, ai liberi professionisti. Usciremo da questa crisi solo con una forte coesione sociale ed economica.