Esteri

Afghanistan, Renzi: "O la NATO si mette a funzionare, oppure abbiamo bisogno di una reazione europea"

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L'intervento in Senato del 7 settembre 2021.

Signor Presidente, signori Ministri, onorevoli colleghi, il presidente Biden ha detto che siamo di fronte alla fine di una lunga guerra, ma penso che sia vero soltanto in parte: siamo alla fine di una stagione, alla fine di quello che in tanti abbiamo chiamato il secolo americano. Chi come me è convintamente filoatlantico, grande sostenitore dell'amicizia con gli Stati Uniti e convinto difensore dei valori che la nostra Alleanza ha sempre portato avanti, soffre per questo giudizio. E nell'affermarlo, purtroppo, è il momento di dire con chiarezza ad alcuni antiamericani del giorno dopo, che hanno approfittato per alcune analisi a mio giudizio profondamente superficiali, che non è vero che gli Stati Uniti d'America hanno perso questa guerra, bensì l'hanno vinta.

Gli Stati Uniti d'America hanno perso insieme a noi il dopoguerra, ma negli obiettivi militari di distruzione degli attentatori e dell'organizzazione terroristica gli Stati Uniti hanno ottenuto un risultato. A chi dice che dopo l'11 settembre non si doveva intervenire militarmente vorrei ricordare dove eravamo noi, l'11 settembre. Pensavate forse che fosse possibile intervenire con uno scambio di note diplomatiche, dopo che quelli avevano buttato giù le torri gemelle, colpito il Pentagono e cercato di colpire la Casa bianca? È evidente che la reazione militare dovesse essere la reazione. Gli americani la guerra l'hanno vinta e a chi ancora oggi sui giornali italiani qualche ora fa scriveva che Osama Bin Laden è il vero vincitore di questa guerra dei vent'anni, vogliamo ribadire, con molta umiltà, da dove festeggia Osama Bin Laden la sua presunta vittoria? Dal fondo del mare dov'è sepolto, dopo che militari americani dieci anni fa lo hanno giustiziato come era doveroso fare. A chi ancora oggi - l'ha detto perfettamente il ministro Guerini, che ringrazio - dice che si sono persi la guerra e il dopoguerra perché i nostri erano male organizzati, va ribattuto che non è stato un problema di cattiva formazione. Onore alle donne e agli uomini dell'alleanza, onore alle donne e agli uomini italiani e non soltanto italiani che hanno formato gli afghani. Tutti noi siamo stati ad Herat insieme a loro e abbiamo visto la loro professionalità. Si è perso il dopoguerra per la corruzione dei signori della guerra afghana che scappano con 169 milioni di dollari da un elicottero lasciando dei contanti sulla pista; si è perso perché non si è voluto e non si è stati capaci di costruire un'entità statale - perché non era facile - e perché non si sono avuti la forza ed il coraggio di immaginare una grande sfida di natura culturale ed educativa vincente.

È accaduta - vedo la senatrice Pinotti, che allora svolgeva il ruolo che oggi è del ministro Guerini - la stessa identica cosa, pur in circostanze profondamente diverse, quando l'esercito iracheno ben formato e ben equipaggiato ha scelto di non combattere il 10 giugno del 2014 a Mosul. Ricordatevi quella vicenda: allora l'esercito iracheno scappò davanti a quello che stava costituendosi come Stato islamico, Daesh, e in quella fuga vergognosa nacque una organizzazione criminale e terroristica che ha colpito non soltanto in quel territorio, ma che per un effetto emulativo sul quale proverò a tornare ha poi colpito l'Europa. In quella vicenda, però, si badi bene, le forze occidentali, le forze dell'Alleanza riuscirono ad avere la meglio non soltanto perché vi fu poi un intervento. Nel 2014, come Unione europea - nel semestre di presidenza italiana - andammo ad Erbil a dire grazie a chi stava combattendo sul territorio contro gli estremisti islamici.

In quella vicenda fu decisivo il ruolo delle donne curde, che combatterono in prima linea per la libertà non solo del loro territorio, poi abbandonato di nuovo dall'alleanza, ma anche di tutte e tutti noi. 

L'Afghanistan è stato purtroppo cimitero di tante ideologie e anche di una grande speranza, la speranza della nostra generazione. Con le vicende di oggi e delle ultime settimane e mesi, purtroppo, si chiude una stagione che è quella del secolo americano.

«America first» era il messaggio di Trump e spiace dire che è stato recepito anche dalla corrente amministrazione americana. Lo dico con la morte nel cuore e con stima e amicizia nei confronti dei leader americani. Lo dico ricordando le parole di Joe Biden di qualche settimana fa. Alla fine della battaglia sui vaccini, sottolineando il successo degli americani e dell'organizzazione americana in tema di vaccinazione, disse: soprattutto questa vicenda è la prova che la democrazia funziona, che le democrazie funzionano e che, ancora una volta, l'America torna a guidare il mondo non con l'esempio della nostra potenza, ma con la potenza del nostro esempio. Noi siamo gli Stati Uniti d'America; noi siamo pronti come mai prima. Abbiamo gli strumenti e le risorse per salvare vite a casa nostra e nel resto del mondo. Questo siamo noi e questo facciamo noi perché non c'è alcuna Nazione come noi sulla terra.

Queste sono le parole di Joe Biden quando spiega il successo della campagna vaccinale. Le avrei volute sentire, ma così non è stato, anche sulla vicenda afgana. È un dato di fatto: cambierà molto nella politica americana e avremo modo di riparlarne.

Questa è la discussione da fare di politica estera, con la Cina che oggi è il principale soggetto dell'area e si accinge a guidare il secolo asiatico, ma che è anche la prima interessata a evitare che l'Afghanistan diventi un luogo di terrore. La Cina è oggi sul breve periodo la vincente, ma sul medio periodo avrà da gestire una serie di preoccupazioni diverse. A tal proposito, non va sottovalutato il rapporto tra Cina e Russia, che nel 2021 sta crescendo fin dagli incontri dei Ministri degli esteri del marzo scorso.

Non va inoltre sottovalutato ciò che può accadere nel mondo arabo. Signor Ministro degli esteri, signor Ministro della difesa, credo che nelle prossime settimane vedremo dei cambiamenti nel mondo sunnita, in quanto potrebbero tornare a dialogare i mondi sunniti che non si parlavano e ciò potrebbe provocare una diversa reazione anche da parte degli indiani. Infatti, non dimentichiamo che Pakistan e India in questo periodo hanno avuto molti elementi di tensione.

Per quello che ci riguarda, signora Presidente, c'è una vittima sul campo. Le prime vittime, naturalmente, sono le persone che hanno perso la vita, a cominciare da quelle dell'aeroporto; sono per me le soldatesse e i soldati americani a cui va il nostro grande omaggio. Nicole Gee aveva ventitré anni ed è morta il giorno dopo aver cullato un bambino afghano, dicendo di amare il proprio lavoro. Lei è come quei ragazzi americani che sono purtroppo morti e che tutti noi andiamo a trovare nei cimiteri di guerra americani. Anche a loro, oltre che ai nostri partigiani, dobbiamo la nostra libertà. Senza di loro saremmo la terza generazione del Terzo Reich, non dimentichiamocelo mai.

C'è però un dato di fatto. Signor Ministro della difesa, lei sa che tra me e lei c'è un grande rapporto di amicizia e affetto, nel mio caso anche di stima, ma anche di diversità di toni diplomatici. C'è il problema della NATO, che è grande come una casa. La NATO è una vittima collaterale di questa vicenda. Quando Emmanuel Macron parlava di morte cerebrale della NATO, tutti a dire che non è cerebrale. È morte. O la NATO cambia, o non ce n'è per nessuno. Onorevoli colleghi, possiamo far finta di tutto, ma il problema della NATO è che nel 2016 ha festeggiato il fatto di aver organizzato una riunione nella città in cui fu sottoscritto il Patto di Varsavia, a dimostrazione di aver vinto la battaglia storica contro il comunismo. Ma è lì che si vede la mancanza di una scelta strategica per il futuro. La NATO deve pensare a se stessa per la cyber security e per le nuove scommesse che non sta gestendo. È evidente che, a quel punto, se non c'è la NATO ci deve essere, come minimo, l'esercito europeo. Delle due l'una: o la NATO si mette a funzionare, oppure abbiamo bisogno di una reazione europea. Anche perché altro che comportamenti distensivi dei talebani! I talebani hanno ammazzato un premio Pulitzer a luglio e hanno ucciso comici, musicisti e donne. Ma quali comportamenti distensivi? Ha ragione il ministro Di Maio a dire di giudicarli sui fatti, ma i fatti hanno già parlato.

C'è bisogno di una duplice reazione, non tanto sull'immigrazione, amici della Lega - c'è molto più da temere per i fenomeni climatici e per la sostenibilità ambientale che non dall'immigrazione dall'Afghanistan - ma sul terrorismo, che è il vero dramma.

Noi pensiamo che la questione del terrorismo riguardi l'emulazione di fenomeni come quelli verificatisi nel 2014-2015 quando, dopo quanto accaduto in Siria, i lupi solitari e le persone nelle banlieu hanno iniziato a farsi esplodere in Europa. Questo è il dramma e su questo bene ha fatto il Governo a convocare il G20 e bene hanno fatto i Ministri a lavorare in questa direzione; lasciatemi dire, però, che c'è una grande e gigantesca battaglia educativa e culturale che tutti insieme dovremo vincere e che non è facile da giocare nei prossimi anni.