L'intervista pubblicata dal "Messaggero - Abruzzo", 9 dicembre 2020.
Tre legislature di fila in Regione, tra il 2005 e il 2008, precedute da una consiliatura provinciale a Chieti. Camillo D'Alessandro è uno che in politica le ossa se le è fatte sul territorio prima di approdare fra i banchi del Parlamento. Oggi è un deputato di Italia Viva, ma lo sguardo è sempre fisso sul suo Abruzzo. E in un momento di "battaglia" come questo chissà cosa darebbe per tornare a battersi nell'arena dell'Emiciclo.
Onorevole, non crede che in questo scontro istituzionale in atto tra governo e Regione la scelta dei "colori" da dare all'Abruzzo sia stata alla fine solo una questione politica?
«Mettiamola così: la Meloni manda "l'uomo nero" a colonizzare una regione che lui trasforma in "rossa". Adesso rossa di rabbia credo sia soprattutto lei».
Ci fermiamo alla battuta?
«Provando a essere seri, in una vicenda che non lo è affatto. Diciamo allora che quel che è accaduto è la naturale conseguenza di sciatteria e improvvisazione. Che purtroppo ricadono sulla pelle degli abruzzesi, in particolare sul mondo del lavoro e delle attività economiche».
Si riferisce alle due ordinanze del governatore che hanno portato la regione prima in zona rossa e poi in quella arancione senza alcun accordo con Roma?
«La scelta di andare in zona rossa, mentre tutti i confini attorno all'Abruzzo cambiavano colorazione, è stata di Marsilio. E i motivi sono abbastanza chiari. Poi, una volta preso atto del pasticcio, c'è stata l'imbarazzante rincorsa fuori dalle regole per riportare la regione in un territorio più al riparo dalle restrizioni anti Covid».
Perché Marsilio avrebbe adottato misure così apparentemente contraddittorie nel giro di pochi giorni?
«Perché gli è sfuggita di mano la situazione. Dopo la lunga dormita che lo ha contraddistinto durante l'estate, si è ritrovato a fronteggiare un incubo con i primi freddi».
Ovvero?
«Non so, per fare qualche esempio, come facciano a girarsi dall'altra parte sapendo della condizione dell'ospedale di Avezzano, vicenda che ha conosciuto il disonore delle cronache nazionali. In quella zona oggi serve un ospedale militare da campo e il supporto logistico dell'esercito. Mi sono già mosso con il Ministero della Difesa. Sarebbe sufficiente una richiesta della Protezione civile regionale, che non ha ancora battuto un colpo. Intanto il tempo passa, l'inverno incalza e se dovesse arrivare anche la neve sarebbe il caos».
Marsilio potrebbe ricordarle che c'è un'emergenza sanitaria in atto. Non siamo in tempo di pace e quando si è in guerra cambiano anche le priorità.
«Ci mancherebbe. Ma questa non è un'attenuante, piuttosto il contrario. Per dirne un'altra, mancano i vaccini anti influenzali ed è forse la più grave delle responsabilità di questa giunta regionale. Non ci voleva uno statista per decidere di acquisire molte più dosi dello scorso anno. Le faccio una previsione: il vaccino non arriverà a tutti coloro che lo hanno richiesto, con le conseguenze immaginabili per i nostri ospedali quando, fra qualche settimana, potrebbero ritrovarsi nel caos. In alto il governatore Marco Marsilio ieri mattina all'Aquila a sinistra il deputato di Iv Camillo d'Alessandro Pensate cosa accadrà nelle famiglie e sui posti di lavoro dopo i primi colpi di tosse o qualche linea di febbre».
La Regione è stata tuttavia impegnata a tamponare un'altra emergenza durante l'estate: quella economica. E non è ancora finita.
«Anche qui siamo di fronte a una vergognosa presa in giro, basta chiedere alle partire Iva. Dei circa 177 milioni stanziati con il Cura Abruzzo 1 e 2, solo poche briciole sono arrivate ai destinatari: una media di 1.000 euro da marzo a oggi. Se fosse dipeso dalla Regione sarebbero già tutti morti. Però sono riusciti a dare al Napoli calcio 100mila euro al giorno per i 12 giorni di presenza a Castel di Sangro durante il ritiro estivo della squadra. Tutto questo nel pieno di una pandemia».
La conclusione?
«In definitiva, Marsilio è venuto in Abruzzo per trasformarlo in una colonia di Fratelli d'Italia e umiliare qualche alleato, come sanno bene Udc e Forza Italia. Poi se ne tornerà nella capitale lasciandosi dietro solo macerie».