Intervista di Giacomo Puletti, "il Dubbio", 7 agosto 2020.
In vista del referendum costituzionale sul taglio dei parlamentari, il dibattito sulla riforma della legge elettorale si fa sempre più accesa, ma per il capogruppo di Italia Viva alla Camera, Ettore Rosato, «non è la priorità».
Onorevole Rosato, la discussione sulla legge elettorale sembra in una fase di stallo, dettata anche dai tentennamenti di Italia Viva. Che succede?
La verità è che stiamo lavorando su una legge elettorale che servirà nel 2023. Mettersi a farla oggi durante la più grande crisi economica che sta caratterizzando i nostri tempi è una cosa che risulta incomprensibile fuori dalle mura dei palazzi. È una discussione molto divisiva ma vale la pena mettersi a litigare davanti al paese su una legge elettorale che dovrebbe entrare in vigore nel 2023? Io penso di no. Ci troviamo per la prima volta dopo anni su una legge elettorale che non trova nessun pezzo dell'opposizione, neanche piccolo, consenziente.
Beh ma Forza Italia, con Renato Brunetta, ha fatto delle aperture anche importanti. Come le giudica?
L'apertura di Forza Italia è un bene. Tuttavia le parole del presidente Brunetta non rispecchiano il voto di Forza Italia in commissione. Sono parole che apprezziamo perché il dialogo con Forza Italia e con altri pezzi dell'opposizione è positivo ma la loro posizione è esattamente il contrario di quanto dimostrato nei fatti.
È d'accordo sul fatto che con il sì al referendum l'effetto delle attuali regole del gioco creerebbe un vulnus costituzionale?
No, anzi mi sono stupito di fronte a queste obiezioni. Le leggi elettorali si cambiano con una maggioranza semplice e se una legge elettorale per il 30% maggioritaria, come il Rosatellum, mette in discussione la nostra democrazia a causa del taglio dei parlamentari, allora non bisognava tagliare i parlamentari. Qualsiasi maggioranza politica può cambiare la legge elettorale e ricordo che proprio il Rosatellum è stata la legge elettorale che a voto segreto ha avuto il più largo consenso della storia repubblicana. Cambiarla con una legge votata solo da una ipotetica risicata maggioranza è veramente una forzatura. Ribadisco che il nostro modello elettorale è il maggioritario, che dà certezze alle istituzioni a prescindere dal numero di parlamentari. Posto che abbiamo questa preferenza, sul resto discutiamo con serenità.
State cercando di prendere tempo per ottenere posti in più in un ipotetico rimpasto di governo? Magari con un ministero importante per Maria Elena Boschi...
Abbiamo 18 senatori, il Pd ne ha 35. Noi abbiamo due ministri e un sottosegretario, il Pd ha nove ministri e una ventina di sottosegretari. Nonostante questo non abbiamo mai chiesto un rimpasto e certo non avremo bisogno di una discussione sulla legge elettorale per chiederlo. Il rimpasto non è nel nostro linguaggio, siamo ahimè preoccupati quando vediamo alcune azioni di governo poco incisive. Non ho intenzione di dare pagelle, anzi quando il governo fa male siamo coinvolti anche noi, e la mia è un autocritica perché a volte vedo che non riusciamo a far valere alcune buone ragioni sulle quali ci intestardiamo. A marzo, ad esempio, dicevamo che sarebbe stato opportuno riaprire le scuole a maggio, come hanno fatto tutti. Noi abbiamo riaperto qualsiasi cosa e solo le scuole sono state chiuse. Non è stata una buona cosa.
Ora vi preparate a varare il decreto "Agosto". Qual è la misura più urgente?
Ci aspettiamo liquidità per le imprese per pagare le tasse, quindi serve uno slittamento delle scadenze e un'analisi se un pezzo di queste tasse debba essere cancellato. Vorrei che non ci fosse troppa ideologia nella discussione sul lavoro: io sono favorevole a ragionare sul blocco dei licenziamenti ma ci vuole consapevolezza che non possiamo bloccare i fallimenti. Un'impresa che non può licenziare deve avere gli strumenti necessari per andare avanti. Se gli impediamo di licenziare dobbiamo aiutarla a sopravvivere, altrimenti fallisce.
Tornando sulla legge elettorale, c'è chi dice che il vostro obiettivo sia abbassare lo sbarramento sotto il 5% previsto dal patto di governo, come peraltro auspicato anche da Leu. È la verità?
Bisogna dare ragione a Leu quando rivendica che negli accordi presi alla nascita del governo lo sbarramento era al 3%, non al 5. Tuttavia io credo nello sbarramento al 5% perché i progetti politici si costruiscono sulle leggi elettorali e uno sbarramento del genere dà la possibilità di costruire partiti più grandi e più solidi. Insomma, non siamo spaventati, anche perché presto avremo il primo dato vero su Italia Viva, grazie alle regionali.
A proposito di regionali, come vi state preparando all'appuntamento del 20 e 21 settembre?
Ci presentiamo con uno sguardo coerente che si occupa dei diversi territori. Abbiamo dialogato dove era possibile il dialogo con il centrosinistra, o meglio con i candidati del centrosinistra. Dove il centrosinistra è andato con proposte poco credibili o deboli abbiamo preso la nostra strada. Al populismo di Emiliano che si contrasta con il populismo di Fitto, ad esempio, abbiamo preferito un'altra strada.
Che è quella dell'alleanza con Azione e +Europa. Crede che il progetto in futuro possa allargarsi anche sul territorio nazionale?
C'è una voglia di aggregazione al centro che vogliamo favorire, ma certamente dobbiamo allontanare i personalismi e puntare al progetto. Dal 21 settembre cominciamo a smettere di parlare di sondaggi e parleremo di voti.
Che risultato si aspetta?
Temo che faremo meno del 50%.