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Renzi: "La politica estera di un Paese si fa con il lavoro quotidiano, non con una photo opportunity"

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Dall'intervista di Barbara Jerkov a Matteo Renzi, per il Messaggero, il Mattino e il Gazzettino, del 5 gennaio 2020, un estratto sul tema del ruolo dell'Italia in politica estera.

«Spero che in queste ore Di Maio trovi il tempo di seguire soprattutto i dossier di politica estera. La situazione è veramente complicata. E non mi riferisco solo alle reazioni sciite al blitz contro Soleimani. Penso innanzitutto alla complicata dinamica libica, specie dopo la decisione di Erdogan di inviare le truppe turche in Libia. Insomma se fossi il ministro degli Esteri mi preoccuperei delle vere guerriglie, non di quelle farlocche interne a M5S. E anche se non farlocche, comunque insignificanti davanti ai problemi del Mediterraneo e del ruolo strategico dell'Italia in questa zona».

«Mi sembra un'iniziativa in pieno stile Donald Trump. Storicamente singoli blitz della Casa Bianca in politica estera americana rispondono a dinamiche di politica interna. Questa vicenda non fa eccezione ma nel caso di Trump l'atteggiamento è esasperato dallo stile di questa Presidenza. Annuncia decisioni strategiche con un tweet, rompe e ri- cuce con estrema facilità (si pensi alla vicenda nordcoreana), interviene senza troppi scrupoli e senza preoccuparsi troppo delle conseguenze. Si pensi a ciò che è accaduto con il disimpegno in Kurdistan e il massacro vergognoso di tante soldatesse che erano state in prima linea contro Daesh. Trovo però esagerato l'atteggiamento di chi ipotizza adesso una vera e propria guerra: ci saranno reazioni, anche durissime, del mondo sciita ma non è interesse di nessuno facilitare un'escalation militare. Tuttavia non c'è dubbio che quel quadrante di mondo sia ancora - una volta di più - quello più complicato. Il 2020 sarà l'anno in cui l'Arabia Saudita ospiterà il G20 dopo le presidenziali americane: abbiamo davanti a noi dieci mesi ad alta tensione. Non mi stupirei di un riavvicinamento del mondo sunnita, di un abbassamento delle tensioni con il Qatar, di un miglioramento della situazione in Yemen. Ma come evolverà la crisi iraniana è tutto ancora da scrivere».

«Fondamentale che l'Europa giochi un ruolo e che l'alto commissario Borrell utilizzi la saggezza e l'autorevolezza che tutti gli riconosciamo per riportarci in partita. Quanto all'Italia, il mancato coinvolgimento di Pompeo è un pessimo segno. Ma certi legami si costruiscono con pazienza. Non basta una cena, occorre un lavoro diplomatico quotidiano, fianco a fianco con Washington. Almeno, noi con Obama e Kerry facevamo così. E la prima regola che ci eravamo dati con Gentiloni alla Farnesina era proprio questo: mai permettere che l`Italia venisse scavalcata dai colleghi europei».