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Covid, Alberto Zangrillo: "Basta isterie sui numeri, i dati su tamponi e tassi di positività sono falsi"

Alberto Zangrillo

Pietro Senaldi
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«I dati sul numero di tamponi e tassi di positività al Covid sono dannosi per la salute mentale ma soprattutto falsi. Migliaia di persone positive si sottopongono ogni giorno a test nella speranza di risultare negative». È solo l'ultimo di una serie di messaggi social che il professor Alberto Zangrillo sta lanciando in queste ore per frenare l'ossessione da test che rischia di paralizzare l'Italia, condannando alla quarantena un esercito di asintomatici vaccinati e, per dirla con lui, «premiando con la clausura volontaria un sacco di lavativi». Medico personale di Silvio Berlusconi, clinico di fama internazionale, il primario dell'Ospedale San Raffaele di Milano, eccellenza sanitaria italiana, Zangrillo da due anni combatte tutti i giorni il Covid in corsia, ma si è sempre distinto per un approccio razionale e non terroristico nei confronti del virus. Con questa intervista a Libero, il luminare fornisce una chiave d'interpretazione e una serie di regole per non farsi travolgere dai dati in impennata e mantenere un approccio razionale alla quarta ondata della pandemia. Niente panico, preoccuparsi e fare i tamponi solo se non si sta bene, vaccinarsi e non stare ad ascoltare i professionisti del terrore, che Zangrillo non esita a definire "figuranti" della medicina.

Professore, lei si è scagliato contro le file per i tamponi davanti alle farmacie: è d'accordo con Zaia, che vorrebbe i tamponi solo per chi sta male?
«Io non mi scaglio mai contro nessuno, esprimo concetti argomentati su situazioni vissute professionalmente: la corsa al tampone è grottesca, irrazionale e risponde al desiderio infantile di vedersi certificati sani in quel preciso momento».

E i parenti dei positivi cosa devono fare? Non ritiene utile il tracciamento del contagio?
«Dobbiamo tornare alle regole del buon senso che impongono cautela e prudenza. Se non sto bene non esco di casa. Il tampone può attendere».

L'ossessione da tamponi da parte degli asintomatici crea un imbuto che impedisce ai sintomatici di fare il test in tempi rapidi?
«Un medico auspica tempi rapidi per diagnosi clinica e terapia. Spostare tutta l'attenzione sull'esito di un tampone è purtroppo il segno di un grave degrado deontologico e intellettuale».

Colpa del governo che fa terrorismo, dei giornalisti che cavalcano la notizia o degli italiani che sono troppo ipocondriaci e apprensivi verso i parenti anziani?
«Io non ho alcuna autorità per dare pagelle, ma, a mio giudizio, la quotidiana produzione giornalistica di angoscia, insicurezza e terrore utilizzando figuranti del settore sanitario in cerca di visibilità sta producendo danni gravissimi e incorreggibili».

 

 

Ma i tamponi quanto sono attendibili?
«Le verrebbe mai in mente di chiedermi se è meglio l'antibiotico A o il B? La domanda corretta è: "Quando devo assumere l'antibiotico?"».

Quando prevede il picco di contagi, e a che cifra, plausibilmente?
«Non posso saperlo e non mi interessa, i contagi reali sono da sempre smisuratamente superiori a quanto quotidianamente riferito. Chi vive in ospedale non guarda ai contagi ma al numero di ricoverati».

Con queste regole a metà gennaio rischiamo di avere dieci milioni di italiani in quarantena. Lei sostiene che il Paese non se lo può permettere. Cosa suggerisce?
«Di tornare a ragionare con lucido senso di responsabilità, seguire il programma di vaccino profilassi e stare a casa se non si sta bene».

Il governo ha ridotto i giorni di quarantena per i vaccinati. Non sarebbe meglio abolirli, perché altrimenti rischiamo di fare la quarantena da sani e uscire dopo cinque giorni da positivi?
«L'abolizione della quarantena precauzionale è un primo passo importante verso un'acquisizione di responsabile senso civico da parte di tutti».

I contagi esplodono, le terapie intensive tengono: questa variante Omicron, che non scende ai polmoni e non si trasforma in polmonite bilaterale, si può ancora clinicamente considerare Covid 19 o ne è una nipotina meno letale?
«Lei ha appena utilizzato un avverbio a me caro: clinicamente; da sempre sostengo che le evidenze cliniche di oggi, e quelle scientifiche, di domani, siano gli unici argomenti seri. Purtroppo siete molto attratti dalle cialtronerie di pseudo scienziati a gettone».

Omicron è quello che tutti speravamo, ossia l'evoluzione del virus in una forma più contagiosa ma meno letale?
«Omicron è quello che tutti vedono: diffusa, contagiosa, pericolosa per le persone non vaccinate e fragili».

Se Omicron è quasi come un raffreddore o un'influenza, non potremmo farla in piedi, uscendo, come molti fanno con raffreddore e influenza?
«Ogni patologia va affrontata in modo proporzionato e adeguato, nel rispetto delle norme di convivenza civile senza cadere nell'isteria collettiva che, di per sé, è manifestazione di egoismo sociale».

Il vaccino copre da Omicron o no?
«Il ciclo completo di profilassi vaccinale sta dimostrando efficacia straordinaria nel controllo dell'espressione patologica nei soggetti contagiati: malattia molto meno grave e a veloce evoluzione benigna».

Perché anche i vaccinati si contagiano?
«Perché il vaccino non impedisce l'interazione virus-ospite ma garantisce il controllo dell'evoluzione della malattia».

 

 

Omicron è esplosa perché siamo partiti in ritardo con la terza dose?
«Classica domanda da italiano autolesionista. Omicron fa parte delle variazioni attese per ogni virus in fase di adattamento all'ospite».

Che differenza c'è a livello di protezione tra un vaccinato in seconda e uno in terza dose?
«Oggi esiste una differenza e lo vediamo, appunto, clinicamente. Una risposta scientificamente dimostrata richiede più tempo».

Non sono troppe quattro dosi di vaccino in un anno, come ci apprestiamo a fare?
«È impossibile rispondere seriamente a questa domanda».

Mi fa la cartella clinica del deceduto tipico di Covid?
«L'insufficienza respiratoria acuta è di norma la causa primaria di esito infausto da infezione da Sars Cov 19. La numerosità dei decessi da Covid quale causa primaria è, a mio parere, molto più bassa di quanto giornalmente, ufficialmente dichiarato ma questo verrà dimostrato col tempo».

Il suo ospedale è tra i migliori in Italia nella cura al Covid. Perché allora la attaccano spesso quando parla di pandemia? Questioni politiche o non è apprezzato che lei dica pane al pane e vino al vino?
«In Italia il Sistema Sanitario Privato, seppur convenzionato, e quindi equivalente al Sistema Pubblico, viene visto con pregiudizio e sospetto. Il mio ospedale e il mio gruppo stanno facendo scuola in ambito clinico e di ricerca. Parlano i fatti».

Di fronte al Covid sono peggio i giornalisti di regime, i virologi narcisisti o i governanti terrorizzati e terrorizzanti?
«Tutti dobbiamo ritenerci colpevoli di fronte alle persone abbandonate nelle tenebre della solitudine e della paura. L'impatto sociale in termini di semplice solidarietà umana è lo specchio di un'epoca dominata dall'individualismo sterile ed ipocrita. La ricerca affannosa del tampone negativo ne è il simbolo».

Si parla di un lockdown dei non vaccinati, come in Germania: è favorevole?
«Sarebbe comunque una misura imperfetta e sindacabile sul piano costituzionale. Ma i referendum non mi sono mai piaciuti perché divisivi».

Sarebbe favorevole all'obbligo di vaccinazione?
«Preferisco non pronunciarmi su quella che ritengo una sconfitta per tutti».

 

Siamo tornati al tempo in cui alcuni interventi e ricoveri ospedalieri slittano causa Covid?
«Questa è una realtà drammatica dal punto di vista deontologico. Avverto un peso gravissimo sulla mia coscienza e mi indigno quando realizzo che interessa molto poco in termini di impatto mediatico».

L'Italia è stata elogiata per come ha affrontato il Covid: ce lo siamo meritato o c'è chi ha fatto meglio di noi?
«Sarebbe ora che il bel Paese acquisisse un po' di autostima. Credo che l'Italia stia giocando un ruolo guida in una situazione difficile».

Ha l'impressione che a una parte dei cittadini in fondo non dispiaccia la clausura, o che comunque si sia abituata di buon grado?
«In ogni situazione e contesto c'è sempre il furbetto, la quarantena preventiva con isolamento domiciliare per chi ha comunque lo stipendio garantito è una bella occasione ma non dobbiamo generalizzare».

A maggio 2022 è più probabile che l'Italia sia fuori dal Covid o che il Genoa si sia salvato?
«La scaramanzia e la serietà mi impongono il silenzio. Ma il lavoro duro e serio prima o poi paga».

Perché questa avventura calcistica così sorprendente per un professore di medicina e un uomo di frontiera in ospedale?
«Perché il Genoa è una parte importante della mia vita».

Da presidente di una società di serie A, cosa pensa della decisione del governo di limitare l'accesso agli stadi al 50% della capienza?
«La decisione è superata dal fatto che la maggioranza delle regioni ormai è in zona gialla, dove la capienza al 50% era già prevista. Dal punto di vista imprenditoriale il Genoa la patisce poco, ma per le grandi società è un danno enorme. Da medico penso che lo stadio sia un luogo sicuro perché si fanno i controlli, in più sei all'aperto».

Cosa si aspetta nei prossimi giorni?
«Purtroppo mi aspetto che l'irrazionalità prevalga sul buon senso. Nel maggio 2020 dissi che dovevamo imparare a convivere col virus, ora è diventato un argomento di tutti ma per passare dalle parole ai fatti dobbiamo dimenticarci dei numeri e disintossicarci dai tamponi». 

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