Intervista a Raffaella Paita per «Il Tempo» del 01-11-2025
di Christian Campigli
«Non sono d’accordo con la sinistra che grida al golpe e non sono d’accordo con la destra che la definisce una riforma storica». Mira dritta al punto Raffaella Paita, senatrice di Italia Viva, che commenta così la nuova legge costituzionale.
Quali sono i pro ed i contro di questa Riforma della Giustizia?
«Siamo sempre stati a favore del principio della separazione delle carriere. Ma definire questa una riforma storica mi pare eccessivo: non tocca la durata dei processi, non interviene sulle storture della giustizia. Si fa credere che questa riforma sarà una panacea ma non inciderà minimamente su casi come quello di Garlasco. Sarebbe servito molto più coraggio. Il testo è arrivato blindato, senza la disponibilità di discuterlo, nemmeno per chi, come Italia Viva, non era pregiudizialmente contraria. Questo è inaccettabile, tanto più quando si tratta di modificare la Costituzione».
Quali sono i punti che mancano e quelli che devono essere migliorati?
«Sono tre i punti critici. Mancano completamente una revisione dell’obbligatorietà dell’esercizio dell’azione penale, e il tema della responsabilità civile dei magistrati. Questi due aspetti avrebbero davvero inciso sui problemi che affliggono la giustizia. E poi non ci piace il sorteggio per i membri laici del Csm. In questo modo il Parlamento viene totalmente depotenziato. E questo non è un bene: la cultura giustizialista prospera nella debolezza della politica».
Italia Viva si è astenuta: ci spiega i motivi di questa scelta?
«Siamo stati coerenti con la nostra impostazione: non abbiamo una contrarietà ideologica alla separazione delle carriere, che è un passo necessario dopo la riforma Vassalli, ma questo testo è poco coraggioso».
Schlein e Conte sostengono sia una legge redatta per mettere sotto controllo la magistratura. È d’accordo?
«Non sono d’accordo con la sinistra che grida al golpe e non sono d’accordo con la destra che la definisce una riforma storica, magari alzando il livello dello scontro per non parlare degli indicatori economici pessimi: carrello della spesa, stipendi, sicurezza».
Nel caso della bocciatura del progetto del Ponte sullo Stretto da parte della Corte dei Conti, lei vede una ingerenza da parte della magistratura contabile o un normale pronunciamento basato su questioni tecnico-giuridiche?
«È il solito atteggiamento vittimista di Giorgia Meloni: cercare un nemico al giorno per distogliere l’attenzione dai problemi del Paese e dall’incapacità del governo. E così hanno trasformato una procedura normale, che abbiamo visto utilizzata anche altre volte dalla Corte dei Conti in un altro complotto dei magistrati. Io sono favorevole al ponte sullo stretto. Invito il ministro Salvini a risolvere i rilievi e le criticità che nel progetto del ponte sullo Stretto ci sono, se ne è capace, invece di protestare».
In Toscana Casa Riformista ha ottenuto un buon risultato. È un progetto che può essere replicato anche a livello nazionale?
«Il centrosinistra può costruire un’alternativa al governo Meloni solo con un centro forte. Il Pd si è spostato legittimamente a sinistra, ci sono Avs e il M5s. La componente riformista è fondamentale nella coalizione. Un centrosinistra che vuole essere competitivo ha bisogno di un centro riformista forte e riconoscibile. Una forza pragmatica, che guarda al ceto medio e ai problemi reali dei cittadini, i salari bassi, le tasse in aumento, la sanità. Il buon risultato della Toscana ci spinge a proseguire su questa strada e riteniamo che l’attivismo dei sindaci, degli amministratori, della società civile in questo senso sia positivissimo. Serve una convenzione riformista e noi di Italia Viva siamo pronti a dare una mano».
