Un articolo di Chiara Marconi, 1 ottobre 2020.
Il cammino politico di ognuno di noi si può definire facilmente se basato su valori comuni e modelli da seguire. Nel corso della mia vicenda personale ho avuto la fortuna di poter conoscere alcune figure che hanno rinsaldato la mia fede, una di queste è senza dubbio Padre Incoronato, parroco ad Ercolano, un uomo che ha destinato la sua vita al servizio dei giovani e della loro formazione. Vi chiederete perché un articolo di questo tipo sia presente su una testata legata a un partito politico e perché se ne parli visto che noi non siamo certo quelli che sventolano crocifissi o rosari.
Forse qualcuno si potrà sentire offeso, altri potranno pensare che si utilizzi questo mezzo per aumentare le preferenze; ebbene niente di tutto questo, e lungi da me voler sfruttare un modello così virtuoso per fare del proselitismo spicciolo e di bassa qualità. La verità è solo e soltanto una: poter donare a tutti noi dei modelli da seguire e da promuovere come base su cui poter costruire la nostra vita e la nostra strada politica.
Padre Incoronato, il protagonista di questa storia l’ho conosciuto grazie a Ciro Buonajuto, il Sindaco di Ercolano, da poco rieletto al suo secondo mandato con una vittoria netta sui suoi avversari, segno che i suoi cittadini hanno premiato un buon governo, in una città dai mille aspetti e dalle mille problematiche sfaccettature. Un territorio quello di Ercolano in mano a un sistema criminale pericoloso e inserito in ogni piega, in ogni anfratto della realtà cittadina.
Il buon esempio è fondamentale, ma ancor più, un luogo dove applicare quelle regole, come in una scuola, da qui nasce l’idea di creare qualcosa per tutti quei giovani che un destino non lo avrebbero: la Locanda di Emmaus. Matteo Renzi qualche settimana fa è stato in visita privata, accompagnato da Ciro, in questo ex chalet strappato alla camorra, divenuto centro pastorale giovanile. Dopo questa visita come da copione si è alzato un polverone mediatico sui social, in cui il parroco è stato vittima di pesanti attacchi personali.
La macchina del fango si è messa in moto ancora una volta, e in questo caso a farne le spese è stato un uomo che si batte quotidianamente per dare un futuro diverso ai tanti giovani che sono stati letteralmente “strappati”dalle mani della malavita organizzata, e che solo affinità ideali, non calcoli opportunistici, hanno avvicinato a Matteo. La mia intervista con Padre Incoronato è andata avanti per giorni, tanti gli impegni di questo parroco, tra funzioni da celebrare, centri estivi dei "figli dell’agio e i figli del disagio", come lui stesso ha tenuto a sottolineare (cui hanno partecipato anche i figli del Sindaco Buonajuto, ndr).
La nostra intensa chiacchierata che ci ha portato a delineare un quadro completo del mondo giovanile e di come esso rappresenti una fonte infinita di ispirazione su cui poter e dover investire, di come la formazione ancora un volta torni alla ribalta e di come centri simili a questo dovrebbero trovare una collocazione utile in ogni quartiere delle nostre città. La nostra comunità ha bisogno di figure di riferimento, emuli di questo grande uomo convinti che non sia così lontana la prospettiva di vedere camminare di pari passo realtà di questo tipo con il mondo della politica.
Padre Incoronato come stai adesso?
Come sono stato, perché ormai è passato del tempo, e il tempo e il calore da cui sono stato investito hanno cancellato tutto il fango che ha cercato di coprire anni di lavoro e di dedizione per il prossimo e dei tanti giovani che tutti i giorni mi ruotano attorno. Se vuoi sapere cosa ho provato, ti accontento subito; non ti nascondo che ho vissuto tre giorni terribili, come se le mie energie fossero state prosciugate. Mi è balzato agli occhi il paragone con i tanti ragazzi vittima di bullismo o di attacchi sul web. Il desiderio che li pervade è quello di poter scomparire dalla faccia della terra e se un giovane non ha una struttura solida, con delle spalle larghe su cui posare questo peso, molto spesso il desiderio si trasforma in realtà. Bisogna per questo sempre volgere lo sguardo al dato positivo, all’oggi che ci offre tanto: il mio oggi è pervaso da un mare di calore. L’aiuto al prossimo si trasforma in energia ed ancora a cui aggrapparsi e il tuo punto di vista si capovolge, non sei più tu a stare al centro dell’universo, con i tuoi problemi e le tue angosce ma l’altro a cui stai tendendo la mano.
Come nasce l’idea di aprire questa Locanda e cosa fate?
Bisogna fare un balzo nel passato, al 1994, quando facevo doposcuola tra la gente, nei vicoli di Ercolano. Qui ho capito che la Chiesa si doveva spostare nei territori, non essere più struttura ecclesiastica ma dare un’accoglienza trasversale. Gli anni più difficili, dal 1999 al 2009, in cui è stato costruito molto, in cui si sono gettate le basi per un percorso importante e condiviso, fatto di normalità, di tanto amore e di volontà di cambiare i destini di molti di questi ragazzi. Ad Ercolano la quotidianità era vivere in un clima di terrore, in un paese in mano a due bande criminali che si facevano la guerra. La mia Locanda ha gettato le basi per poter spezzare, insieme a molta brava gente, questo circolo vizioso in cui niente sembrava poter cambiare. Nella Locanda ho messo a mangiare, allo stesso tavolo i figli dei clan rivali. Loro qui hanno ritrovato il loro momento di serenità, in una sola parola, hanno trovato una casa piena di amore e di affetto. Per gettare delle fondamenta solide si deve partire dall'insegnamento che diamo ai nostri figli, loro sono il nostro oggi e il nostro domani.
Elena Bonetti come entra in questo progetto? Si parla per caso di Family Act?
Non ho mai conosciuto personalmente la Ministra Elena Bonetti, ma la invito a venire e visitare la nostra struttura, per mostrargli che grazie anche ai suoi centri estivi, le cose possono funzionare brillantemente. Nel mese di Settembre, per quattro settimane,dato che qui in Campania le scuole hanno riaperto il loro ciclo scolastico in ritardo rispetto alle altre Regioni, abbiamo offerto a più di 60 bambini una grande risorsa di gioco e di formazione. Un momento di vita da poter condividere e vivere appieno, con tutta la professionalità dei suoi operatori e dei volontari della Locanda. Un centro estivo dei "figli dell'agio e dei figli del disagio", come amo chiamare, in cui si trovano anche situazioni di grande difficoltà , questo non deve essere preso come un dato penalizzante, bensì mostrare in tutta la sua potenza, come un valore da restituire attraverso la conoscenza di qualcosa che è diverso e che diventa un vero e proprio dono.