Intervista di Federico Capurso, "la Stampa", 15 aprile 2022.
«La riforma del Csm è frutto di un compromesso al ribasso. Non dannosa, ma inutile», sostiene Cosimo Ferri, che oltre a essere deputato di Italia Viva è un magistrato in aspettativa. Italia Viva non voterà contro, «ma ci asterremo», precisa Ferri, perché il lavoro portato avanti dal governo «è sbagliato nel merito e nel metodo. Non possiamo in alcun modo votare a favore. Siamo delusi».
La riforma aveva come primo obiettivo quello di risolvere la degenerazione delle correnti nel Csm. Non si è fatto alcun passo avanti?
«Al contrario, le correnti sono rimaste centrali. La riforma offre anche più strumenti per aumentare il loro potere. Ad esempio, si inserisce la pagella con i voti ai magistrati: un magistrato indipendente, per prendere il massimo dei voti, farà molta più fatica rispetto a chi appartiene a una corrente, che potrà godere della spinta degli altri magistrati associati per avere un buon voto».
Eppure, tutta la maggioranza ha votato a favore.
«Ipocrisia. I partiti pensano di aver messo delle bandierine, quando invece sono solo scesi a un compromesso che sconfessa la loro identità. Non riformano nulla. Il collega di Azione, Enrico Costa, esulta per un suo emendamento che introduce il fascicolo dei magistrati, grazie al quale si dovrebbe monitorare la loro attività, ma ci sono già strumenti simili che consentono di valutare anomalie e scarsa produttività. Basterebbe applicarli. Il Pd invece va contro una proposta sui magistrati fuori ruolo che aveva fatto un suo esponente, David Ermini, vicepresidente del Csm, in cui si equiparavano i magistrati eletti in Parlamento e quelli nominati nei posti apicali dei ministeri».
Siete delusi anche dal metodo. Perché?
«Alle riunioni di maggioranza, Cartabia ci ha ascoltato, ma non è seguita alcuna apertura. E poi ci sono stati episodi spiacevoli, l'ultimo mercoledì notte, quando i relatori hanno calato un emendamento alle 11 di sera dove hanno riformulato l'ipotesi di ridurre il tempo fuori ruolo di un magistrato da 10 a 7 anni e previsto una deroga per tutti i magistrati nominati negli organi di governo. E non è l'unico elemento che favorisce i magistrati che fanno i capi di gabinetto o i capi dipartimento nei ministeri».
Quale altro aiuto gli è stato dato?
«Sul tema delle doppie indennità, non si toccano quelli scelti dalla politica nei ruoli apicali dei dicasteri. E nel rientro in ruolo, si crea per loro una disciplina diversa dai magistrati eletti in Parlamento. Non si capisce il motivo».
Crede abbia subito pressioni?
«Diciamo che non si capisce come mai Cartabia non affronti il tema in profondità. Qualcuno che frena deve esserci, perché intervenendo sulle indennità si eviterebbe il carrierismo e la corsa all'incarico fuori ruolo. Invece, deroghe su deroghe. Si è persa l'occasione per riformare davvero il Csm».