Intervista di Cristiano Bendin, "il Resto del Carlino", 6 maggio 2021.
Che ne pensa dell`istituzione della delega al Recovery Fund in seno alla Giunta Fabbri?
«Credo sia sensato - risponde Luigi Marattin, deputato di Italia Viva e presidente della commissione Finanze della Camera -. Premesso che a tutti i livelli di governi l`attuazione pluriennale del Recovery richiederà uno sforzo collettivo, ma è sempre utile identificare con chiarezza un referente, tanto più se persona seria come Maggi. Semmai preoccupa che due deleghe fondamentali, anche per l'attuazione del Recovery, quali edilizia ed urbanistiche siano state affidate a chi, mi pare, sia specializzato davvero in tutt'altro...».
Quali suggerimenti può dare, dal punto di vista tecnico-procedurale, all'assessore Maggi visto che dovrà ricercare fondi e interloquire con ministeri e uffici?
«Non mi permetto di dare suggerimenti. Posso solo dire, in generale, che il Recovery deve segnare un cambio di passo radicale su tutti gli aspetti relativi alla gestione della cosa pubblica. Anche per quanto concerne i rapporti finanziari tra livelli di governo. A Ferrara c'è ancora chi rimpiange il metodo relazionale (tanto in voga negli Anni Ottanta), secondo cui i soldi da Roma si ottengono "se conosci qualcuno". I soldi invece si ottengono se hai la capacità tecnica e politica di sviluppare buone idee e progetti di visione. Anche se certamente avere buone relazioni non fa male!».
Nel febbraio scorso, rispondendo ad una domanda sulle strategie di uscita dalla crisi, lei rispose: "I mali strutturali del territorio sono noti e ripetuti da almeno vent'anni. Ma la politica ferrarese non ha mai voluto o saputo affrontarli". Provi a indicarne tre, con tre possibili soluzioni, da affidare a chi deve decidere.
«Scelgo tre parole, adatte sia per Ferrara che per l'Italia: concorrenza, crescita, efficienza pubblica. Sulla concorrenza, il territorio ferrarese, nel settore dei servizi pubblici locali, si è sempre dimostrato impermeabile. Non mi pare che il mutare di colore politico dei comuni di buona parte della provincia abbia modificato il clima complessivo, anzi, il centrodestra sembra trovarsi molto a proprio agio nella gestione delle società partecipate. Il Recovery dice espressamente di aprire alla concorrenza anche i servizi pubblici locali. Nel trasporto pubblico locale, nella gestione dei rifiuti, nella distribuzione dell'acqua, così come nella distribuzione locale del gas: è o non è intenzione della politica locale accelerare sulle gare?».
E sulla crescita?
«Da sempre a Ferrara valgono due motti: "piccolo è bello" e "sempre sospettare di chi viene da fuori". È tempo, culturalmente prima che economicamente, di cambiare passo su entrambi. La Camera di Commercio - di cui, non sempre senza ragioni, si difende strenuamente la "ferraresità" - dovrebbe avere un ruolo di impulso nello incentivare le imprese ad utilizzare tutti gli strumenti normativi di incentivazione alla loro crescita dimensionale, che rappresenta un grande limite alla crescita economica del territorio».
In tema di efficienza, infine, cosa si potrebbe fare?
«Sull'efficienza pubblica, il Comune dovrebbe ripensare, inoltre, la propria organizzazione: il Recovery finanzia la transizione ecologica, anche incentivando i privati a migliorare l'impatto energetico dei propri edifici: non ci possono volere quattro mesi per ottenere il rilascio di una certificazione, da parte dell'Amministrazione Comunale, per ottenere il bonus 110%. E anche in provincia si può procedere ad un'ondata di fusioni (le unioni non servono) per creare comuni di dimensioni sufficienti a programmare lo sviluppo».
Da economista, quale può essere una misura concreta e attuabile per rilanciare le imprese ed evitarne la moria?
«Condizione necessaria ma non sufficiente è la crescita economica, la promozione della quale non è certo competenza di un comune. L'assenza pluridecennale di crescita economica è il principale problema nazionale, e d'ora in poi ogni scelta politica - a cominciare dalla riforma fiscale alla quale stiamo lavorando in Commissione Finanze - deve essere rivolta a questo obiettivo. Dopodiché occorre che l'ambiente economico locale sia pro-business, e su questo Ferrara ha sempre storicamente avuto un problema. Un buon primo passo è offrire alle imprese un ambiente dotato di infrastrutture (fisiche e digitali), con una pubblica amministrazione iperefficiente e con una strategia di attrazione di impresa e costruzione di filiere innovative, legate non solo ai servizi ma anche alla manifattura sostenibile».
Più volte, ha auspicato la nascita, anche a Ferrara, di «forze liberali» che possano rispondere alla domanda di cambiamento ma qualche mese fa, proprio sul Carlino, ha anche spiegato di "aver chiuso con Ferrara". Una decisione definitiva? Possibile che la sua esperienza sul territorio non lasci nulla in grado di camminare con le proprie gambe?
«Non avrò più ruoli amministrativi a Ferrara, ma per una semplice ragione: non esistono gli uomini per tutte le stagioni. Il mio compito nel 2010 era chiaro: risolvere il problema dell'enorme debito comunale e della sua spesa fuori controllo, e l'ho portato a termine, col cruciale supporto dei colleghi di giunta e della maggioranza. Ho poi sollecitato un radicale rinnovamento di posizioni e prospettiva politica del centrosinistra in città, ma persi quella battaglia interna. Chi la vinse, tuttavia, perse poi malamente sia il collegio uninominale nel 2018 che le amministrative nel 2019. Per questo la prossima volta tocca ad una nuova generazione di politici progressisti, che hanno ancora un po' di tempo per formarsi e prepararsi. A loro toccherà dimostrare che tra ritorno al passato e populismo c'è sempre una terza via, anche a Ferrara».