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Faraone: Carlo fuori da ogni logica, due milioni di persone ci hanno votato e ora gridano vendetta

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L'intervista a Davide Faraone per "Il Giornale" 

Onorevole Davide Faraone, Carlo Calenda dichiara morto il Terzo Polo. È finita così, ancor prima di cominciare?

«Carlo ha preso una decisione fuori dalla grazia di Dio, fuori da ogni logica politica. Due milioni di italiani che alle politiche ci hanno votato, che hanno creduto in noi, gridano vendetta, e io con loro. Ma come si fa a far saltare per aria un progetto politico così ambizioso per le piccinerie che ci ha raccontato? Come si fa?»

Dal suo partito, Italia Viva, si accusa Calenda di avere improvvisamente cambiato idea, cercando e volendo la rottura. Perché lo avrebbe fatto?

«Non saprei, so soltanto che l'ha fatto. Tutte le ragioni che ci ha raccontato sono invenzioni strumentali per giustificare la scelta. Un partito vero sopravvive alle leadership e nei partiti veri ci sono più personalità riconosciute, non si può andare in sofferenza per questo».

Sempre il fronte renziano sostiene che il leader di Azione voleva essere incoronato leader senza passare per un congresso «vero», per timore di eventuali concorrenti. È così?

«I congressi si fanno partendo dal basso, dai territori, le leadership devono essere contendibili. Altrimenti non si tratta di un congresso ma di un'incoro-nazione. Quella riguarderà un altro Carlo e si farà in Inghilterra, nella Abbazia di Westminster».

Veniamo invece all'accusa: secondo Calenda, Renzi gli aveva giurato un passo indietro e invece si è rimesso a fare il capo di Italia viva e si rifiuta di scioglierla. Anche perché, insinuano da Azione, vuol tenersi i fondi del partito. Come rispondete?

«Secondo Calenda Renzi non doveva avere ruoli nel partito, non doveva assumere la direzione del Riformista, pur non avendo ruolo nel partito, non doveva fare le enews, Renzi non doveva proprio respirare. Calenda è come Silvan in Sim Salabim: fosse stato per lui Renzi doveva proprio sparire al suo "tre". E invece sbaglia: avere a fianco personalità forti avrebbero aiutato il nuovo parti-to, non il contrario».

Davvero vi è stata posta la condizione di non organizzare più lo storico meeting della "Leopolda"? E con che motivazione?

«Davvero si! Proposta irricevibile. Ce lo intimava anche Pier Luigi Bersani quando eravamo nel Pd, e noi dai partiti caserma siamo scappati. Sinceramente ritrovarsi dopo tutti questi anni, con meno capelli e più bianchi e sentirci e rifare la stessa proposta ci ha lasciati interdetti. Matteo Richetti (capogruppo del Terzo Polo alla Camera, ndr) sa bene cos'è la Leopolda, io sono cresciuto con lui in quel vivaio e come dicevamo allora, "non si ferma il vento con le mani"».

C'era chi prevedeva dall'inizio che far convivere due personalità voluminose e un filo accentratrici come «Carlo & Matteo» sarebbe stato impossibile. Ha ragione chi cerca una spiegazione più psicologica che politica?

«Non saprei, ma un partito che non riesce a contenere due personalità così, anzi, un partito che non spinge anche altre personalità così ad aderire, non è un partito. Avere Renzi al fianco era una fortuna per Calenda, peccato non lo abbia capito. Ognuno occupava uno spazio ed insieme si completavano. Naturalmente da soli non bastavano, serviva una comunità, a questo avremmo dovuto lavorare. Ci siamo fermati sul più bello».

Calenda vuol fare l'accordo col Pd di Elly Schlein e voi no, come insinua qualcuno da Italia viva?

«Io cosa voglia Calenda non lo capisco più, sinceramente».