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Coronavirus, Gander: “Se non iniziamo a programmare le riaperture sin da oggi, sarà una catastrofe”

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L'intervista alla coordinatrice provinciale di Italia Viva Bolzano, pubblicata da "la Voce di Bolzano".

“Se non iniziamo a programmare le riaperture sin da oggi, sarà una catastrofe”. Non ha mezzi termini Stefania Gander, coordinatrice provinciale di Italia Viva, quando espone i motivi per cui è necessario sin da ora pensare alla riapertura delle attività produttive, commerciali ed artigiane. E sembra avere le idee chiare sui prossimi passi da mettere in atto: “La riapertura non sarà un processo semplice, soprattutto non si pensi che le cose torneranno come erano prima dell’emergenza. Dobbiamo pensare innanzitutto a mettere in sicurezza le attività, tutte le attività. Dobbiamo chiederci se una fabbrica o un negozio possono operare garantendo la sicurezza di lavoratori e clienti: se la risposta è positiva, bisogna riaprire. Se è negativa, bisogna aiutarli a mettere in sicurezza i luoghi di lavoro.”

C’è chi dice che è ancora troppo presto, che bisogna ancora aspettare, altrimenti si rischia di buttare al vento i sacrifici fatti finora.
“Chiariamo una cosa: qui nessuno sta dicendo che bisogna aprire tutto e subito, a qualsiasi condizione. Ma non possiamo pensare di gestire la ripresa con leggi emergenziali o con un dpcm ogni tre giorni. Quando abbiamo chiuso tutto, non c’era tempo per fermarsi a riflettere e nel calderone è finito tutto ciò che non fosse vitale. Ma non si può pensare di continuare in questo modo. Faccio un esempio, è ferma la filiera della gomma: ci rendiamo conto che seppur non vitale, si tratta di una filiera essenziale? Poi, sono fermi i cantieri, le grandi opere: davvero non c’è un modo per far lavorare le persone in sicurezza? Siamo davvero convinti che solo i lavoratori dei supermercati, delle farmacie, di edicole e tabaccherie siano in grado di lavorare in sicurezza? Non adagiamoci sperando che le cose si risolvano da sole, perché non lo faranno”.

Nel concreto, cosa bisognerebbe fare?
“Oggi sappiamo molte più cose di qualche settimana fa sul Covid-19. E abbiamo l’esperienza delle attività rimaste aperte, da cui possiamo attingere per mettere in sicurezza lavoratori e clienti. Certo, abbiamo bisogno di dispositivi di protezione individuali. Sono necessari per tutti, abituiamoci che per un lungo periodo dovremo girare con una mascherina, che gli ingressi nei negozi saranno contingentati, che probabilmente ci faremo controllare la temperatura più volte al giorno, che ci disinfetteremo le mani prima di entrare in un negozio o prima di un turno di lavoro. Parleremo ai commessi da dietro una protezione in plexiglas e dalla parrucchiera potremo andarci solo con appuntamento. Molti lavori saranno fatti in maniera Smart Working. Ci saranno tanti cambiamenti, ripartiremo come un diesel, non come un’auto di Formula 1″.

Più fabbriche e negozi aperti, però, significa anche più gente in giro e maggior rischio di assembramenti. Non si aumenta il pericolo di contagio, così?
“Rimanere chiusi in casa non è una condizione naturale: è una condizione transitoria di emergenza. La vita deve gradualmente riprendere a fare il suo corso. Ma non può fare tutto la politica: ogni cittadino deve fare la sua parte, “responsabilità” deve diventare il concetto guida di ogni nostra azione. Si può riprendere ad uscire continuando a rispettare un metro di distanza quando si fa la fila. E bar e ristoranti dovranno all’inizio organizzarsi in modo da garantire la sicurezza dei clienti, gli alberghi dovranno limitare l’accesso agli spazi comuni. Per quanto riguarda i trasporti pubblici, si può pensare ad orari di apertura scaglionati per settore merceologico. E dovremo riprendere a considerare i negozi di vicinato, anziché luoghi in cui l’assembramento è più probabile, come i centri commerciali”.

Come tempi, qual è la previsione?
“Il prima possibile. Quando una struttura è in sicurezza, deve poter ripartire. Dobbiamo fare tutto il possibile, per evitare scenari catastrofici: davvero non uso questa parola a caso, ma ciò che ci si prospetta, se non riapriamo al più presto, sarà difficilmente sostenibile. Non si tratta solo di un mese, è la prospettiva ad essere inquietante. E nel contempo, sosteniamo la ricerca e iniziamo ad individuare coloro che hanno gli anticorpi, magari senza saperlo: il loro ruolo nei prossimi mesi, se sarà confermato che gli anticorpi proteggono dal contagio, sarà importantissimo. Dobbiamo ripartire, dobbiamo farlo al più presto, in sicurezza e gradualmente, ma dobbiamo farlo. Tornare lentamente alla normalità è un impegno che dobbiamo prenderci verso tutti coloro che lottano in prima linea per combattere il Covid: la politica e la società non possono solo stare a guardare inerti. Dobbiamo agire adesso”.