Intervista di Ma. Con., "il Messaggero"/"il Mattino"/"il Gazzettino", 8 maggio 2020.
La presidente dei deputati renziani è appena uscita da Palazzo Chigi, dove con i vertici di Italia viva ha fatto il punto con il presidente del Consiglio dopo giorni di tensioni.
Presidente Boschi, come è andato l'incontro con Conte? Avete avuto il riconoscimento politico che cercate?
«A noi non interessa un riconoscimento politico, ma interessa che si sblocchino i cantieri, subito, che si parta immediatamente. Sta arrivando un terremoto occupazionale, dobbiamo agire immediatamente. A noi sta a cuore aiutare il Paese ad evitare un tracollo economico. A Conte abbiamo chiesto di confrontarci a stretto giro su idee concrete, punti programmatici. Nient'altro. E mi pare che l'incontro sia stato utile».
Che cosa non va nel decreto-maggio, singoli provvedimenti o è un problema di filosofia complessiva?
«Come Italia Viva chiediamo due cose: norme semplici, misure veloci da attuare. Il tempo è tutto. Dobbiamo dare respiro alle nostre attività economiche: dai grandi imprenditori, ai piccoli artigiani, dai commercianti agli agricoltori, tutti chiedono di essere messi in condizioni di lavorare in sicurezza, di riaprire. E poi meno tasse e meno burocrazia. Noi abbiamo proposto di cancellare l'Irap e sospendere le tasse su occupazione di luoghi pubblici per aiutare ristorazione e turismo. Mettiamo soldi non solo per misure assistenziali, per provvedimenti cerotto, ma cerchiamo di prevedere risorse per sostenere la crescita. Se il governo sbaglia il dl da 55 miliardi è un disastro per il Paese. A chi dice anche dentro alla maggioranza più stato nelle aziende private, noi rispondiamo meno lacci all'impresa se si vuole ripartire».
Qual è la priorità per la ripartenza?
«Per noi, dobbiamo ripartire dal Piano Italia Shock che abbiamo presentato ormai mesi fa. Il modello Genova ha funzionato, cosi come il modello Expo a suo tempo. Perché non applicarlo in larga scala? Approfittiamo di questo periodo per mettere in sicurezza i ponti, aggiustare le nostre strade, sistemare le scuole ora che sono chiuse. I soldi ci sono. Dobbiamo solo sburocratizzare e nominare commissari in grado di dare tempi certi. Solo così potremo creare qualche posto di lavoro e far crescere il pil. Non possiamo rischiare la miseria e una crisi sociale dopo aver superato con fatica l'emergenza sanitaria».
Il ministro Bonafede può ora dormire sonni tranquilli o resta un problema il suo incarico al ministero della Giustizia?
«Noi abbiamo criticato aspramente il ministro Bonafede su tantissime cose. Dalla prescrizione alle intercettazioni, dalla gestione delle carceri alla scarcerazione dei boss mafiosi. Non abbiamo cambiato idea sui problemi al suo ministero, ma non abbiamo presentato mozioni di sfiducia. Se verranno calendarizzate le richieste di dimissioni presentate da altri, vedremo».
Zingaretti ripete che dopo questo governo ci sono solo le urne. Ne è convinta?
«Penso che sia difficile immaginare il voto in un Paese in cui le persone fanno fatica ad uscire di casa e ancora oggi le scuole sono chiuse. Immaginatevi gli assembramenti. Se però qualcun altro vuole andare al voto, lo dica e ci faremo trovare pronti. Mai avuto paura della democrazia».
Il M5S sembra essere senza guida e anche sulla regolarizzazione dei migranti si è spaccato. Per voi è più complicato il rapporto con loro o con il Pd?
«Il rapporto con il M5S non può essere semplice. Lo sapevamo fin dall'inizio ma valgono le ragioni di responsabilità che ci hanno portato a dar vita a questo governo e che restano attuali. Mi fa solo sorridere che se diciamo la nostra idea su qualcosa minacciamo la tenuta del governo, se i grillini dicono no alla proposta di una ministra è dialettica politica. Nel merito, penso che la ministra Bellanova abbia ragione. Noi stiamo dalla parte della legalità, come chiede anche il procuratore nazionale antimafia. Poi discuteremo i singoli punti delle norme. Non si tratta solo di aiutare persone straniere a uscire da illegalità e sfruttamento che arricchiscono la criminalità organizzata, ma di evitare che le imprese italiane chiudano».
Alcuni settori spingono per riaprire e il turismo è alle corde. Così come il mondo della cultura e dello spettacolo. Cosa va fatto per sostenerli?
«Intervenendo alla Camera ho ribadito che l'Italia senza cultura e senza turismo semplicemente non è più l'Italia. Mi piange il cuore a pensare alla bellezza di Roma che non può più essere vissuta dai turisti, che non può più essere lo sfondo di un film. Per sostenere turismo e cultura occorrono i soldi, certo. Ma anche la consapevolezza che se non riparte questa filiera muore Roma, muoiono le città d'arte, muore l'Italia. E perdiamo molto della nostra identità. Non possiamo permettercelo, bisogna investire subito».