Intervista di Carmelo Lopapa, "la Repubblica", aprile 2020.
"Ci aspettavamo onestamente un'operazione più coraggiosa: si poteva, si doveva osare di più". Lascia insoddisfatta il vertice col premier Conte, la ministra renziana delle Politiche agricole Teresa Bellanova. In riunione sono state scintille sulle riaperture. A Italia Viva non piacciono affatto le modalità con cui si procederà nelle prossime settimane, la fase 2 illustrata dal premier in serata, così com'è, non va. "Con tutto il rispetto per la comunità scientifica, pensiamo che la politica debba assumersi maggiori responsabilità".
Cosa non vi convince del piano, ministra Bellanova?
"Partiamo da un punto fermo, che forse sta sfuggendo: qui fino a quando non ci sarà il vaccino la situazione non cambierà di molto. E la strada non è continuare a chiudere ma saper convivere col virus".
Ecco appunto. Come, secondo lei?
"Se il punto è la distanza sociale e i dispositivi di sicurezza, allora bisognerà lavorare su quelli: garantire una nuova organizzazione del lavoro in sicurezza, nuove modalità per il trasporto pubblico. Ma non si può continuare a bloccare il sistema produttivo".
Ha la sensazione che si corra il rischio di bloccarlo?
"Ogni giorno di chiusura comporta una perdita di competitività per il sistema Paese. Molte aziende rischiano di non riaprire e altre di farlo con meno dipendenti. Quelle che operano nell'export stanno già perdendo quote di produzione, a vantaggio di altre all'estero. Prolungare la chiusura aumenta il danno".
Da queste ore tuttavia la produzione industriale torna in attività, ha spiegato il premier Conte, ancor più dal 4.
"In qualche caso è già tardi. Riprendono le aziende strategiche e alcune legate all'export, l'edilizia penitenziaria e scolastica. Ma non si capisce perché erano rimasti bloccati i cantieri nelle scuole quando gli istituti erano chiusi agli alunni da due mesi. Per non dire della catena agroalimentare, che ha funzionato con successo: i cittadini hanno trovato sempre prodotti freschi. Ma ora ci sono grandi imprese del made in Italy che rischiano di saltare perché resta bloccata la vendita al dettaglio dei prodotti di qualità e di fascia alta".
Avete perso la battaglia per anticipare i tempi di apertura della ristorazione e dei negozi.
"Bene l'asporto dal 4 maggio. Ma il primo giugno per la ristorazione e i bar è tardi. Così per i negozi. Troppo in là il 18 maggio: se riavvi le industrie ma tieni chiusi i terminali di vendita, per cosa lavorano quelle aziende, per il magazzino? Si gira a vuoto. Eravamo per il 4 o al più l'11, non il 18".
Sembra che lei nel vertice si sia impuntata anche per una "riapertura" di altra natura. Quella delle messe in chiesa.
"Ho avuto buona compagna di viaggio nel ministro dell'Interno Lamorgese. Trovo davvero incomprensibile che si impediscano ancora le celebrazioni. Se si toglie l'acqua santa nelle chiese, se si mantiene il distanziamento facendo sedere una persona per banco, se si impone l'obbligo delle mascherine, francamente non se ne capisce la ragione. Oppure ci dicano che serve lo scafandro o che se ne riparla direttamente a Pasqua 2021".
Avete sollevato il caso delle persone con disabilità e autistiche.
"La mancata riapertura dei centri loro dedicati rischia di alimentare tensioni assai gravi nelle famiglie. L'assistenza è molto gravosa. Deve essere assolutamente garantita la rete di copertura. E lo stesso discorso vale per i bambini delle materne e delle elementari. Va bene la formazione a distanza, ma non è la stessa cosa".
Eravate per la riapertura delle scuole?
"Si poteva trovare forse una soluzione diversa. Ad ogni modo, adesso almeno si aprano i centri estivi, altrimenti tutto ricadrà sulle donne nel Paese che ha già il più basso tasso di occupazione femminile: rischiamo di uscirne devastati".
Nel complesso dunque, per voi, così non va.
"Dalle scelte di oggi si determina l'assetto della società italiana dei prossimi anni. Non stiamo facendo la guerriglia al governo, come qualcuno dice. Stiamo dando il nostro contributo con grande lealtà. Capiamo che tenere chiuso sia la cosa più semplice. Ma corriamo il rischio di costruire una società in piena depressione, non solo economica ma anche psicologica. Non possiamo permettercelo. Diamo più fiducia agli italiani, hanno mostrato di meritarla".