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Bellanova: "Iv è per un Patto di fine legislatura che parta da Mes e rilancio sanità"

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Intervista di Nando Santonastaso, "il Mattino", 20 ottobre 2020.  

Ministra Bellanova, il premier Conte dopo le polemiche sul Mes annuncia una verifica di maggioranza: Italia Viva è d'accordo?
«Evidentemente avevamo ragione noi - dice Teresa Bellanova, renziana, ministra delle Politiche agricole -. Ho appreso di questa decisione del premier mentre ero a Lussemburgo per ragioni istituzionali e del parere favorevole del segretario del Pd Zingaretti. È sicuramente la strada giusta quella di un confronto di merito per arrivare a un Patto di fine legislatura, come avevamo detto già da tempo. Non si poteva pensare che la posizione del governo su questo tema potesse dipendere dalle parole dette in una conferenza stampa».

Il Mes serve all'Italia?
«Serve. Le risorse in Legge di bilancio e in precedenza destinate alla Sanità sono a debito. Se lo avessimo attivato, le avremmo investite su altro: welfare attivo, filiere strategiche, crescita. La Sanità non si limita alla risposta al Covid».

Che vuol dire?
«Guardi cosa sta accadendo. File per i tamponi, il tempo non breve spesso per avere i referti, i timori per un rapido intasamento delle terapie intensive, l'insufficiente dotazione degli organici sanitari, il rischio emigrazione di infermieri e giovani medici verso altri Paesi europei come la Germania. Con il lockdown abbiamo dovuto richiamare i medici in pensione. Adesso vengono indirizzate risorse all'indennità contrattuale, sacrosanta, ma non sufficiente perché rischiamo ritardi su nodi altrettanto urgenti: insomma, servono risposte adeguate a tutto quello che non è Covid, e dunque nuovo personale sanitario soprattutto giovane, adeguato rafforzamento della sanità territoriale».

L'ultimo Dpcm anti-Covid era davvero il massimo che si potesse fare in queste condizioni o sarebbe stato giusto tornare al lockdown, magari limitato nel tempo?
«Ho invitato tutti alla ragionevolezza e a una valutazione accortissima delle scelte. Sabato notte ho nuovamente chiesto di avere a disposizione dati e valutazioni scientifiche puntuali: solo così la politica può assumere pienamente la responsabilità delle scelte. Se la filiera istituzionale funziona al cento per cento e così il patto con i cittadini sul rispetto delle norme, credo che nuovi lockdown non saranno necessari. Il che non esclude decisioni ad hoc per situazioni circoscritte».

Come ha fatto il governatore De Luca a proposito della scuola a distanza?
«Sono assolutamente contraria alla chiusura delle scuole. Credo che si possano trovare tutti gli strumenti per conciliare il diritto alla salute, che è prioritario, con il diritto alla formazione che è altrettanto prioritario. Quando si chiude una scuola si fa un danno a tutte le ragazze e i ragazzi ma per qualcuno è un danno doppio. Mi riferisco alle fragilità economiche e a quelle educative, che hanno esigenza della presenza, e agli abbandoni scolastici, che rischiano di moltiplicarsi. Vanno implementati i trasporti e rafforzato il personale docente e non docente? Facciamolo. Istruzione e formazione sono strategiche. Questa non è la battaglia di Italia Viva o di Teresa Bellanova. È a garanzia delle nuove generazioni e delle pari opportunità per tutti».

Le imprese lamentano un sostegno molto scarso alle loro esigenze di crescita, ritenendo che finora le risorse spese giustamente dal governo per l'emergenza occupazionale non garantiranno la spinta alla ripresa. È una rimostranza giusta secondo lei?
«Imprese e occupazione vanno di pari passo. Non è un mistero che avrei investito maggiori risorse per produrre in sicurezza tenendo le aziende aperte. Che ho suggerito di legare alla formazione quelle destinate agli ammortizzatori sociali, per evitare il rischio di una crescita del lavoro nero e garantire alle persone un'occasione di ricollocazione in più. E non è un mistero che ritengo urgente investire molto di più, e bene, sulle politiche attive per il lavoro. Quelle passive vanno bene per periodi definiti, non se innescano dinamiche senza ritorno, tenendo le persone parcheggiate a vita, bruciando saperi e competenze. Dobbiamo cioè tornare a parlare di politiche industriali e di politiche per la crescita».

Allora il Recovery Fund dev'essere destinato soprattutto nel Mezzogiorno? O c'è il rischio che alla fine prevalgano altri interessi?
«Il Recovery dev'essere considerato un mezzo, non un fine. L'obiettivo è mettere in sicurezza il Paese e garantire il rilancio, con grande attenzione a tutti i segmenti di fragilità. Solo così è un'occasione straordinaria che non possiamo sprecare. Il Mezzogiorno è strategico: lo abbiamo detto quando abbiamo parlato di sviluppo a trazione meridionale, lo ripetiamo adesso. Ma le aree depresse non sono solo a Sud, e l'Italia deve ripartire con pari opportunità per tutti i territori e tutte le comunità. Per questo bisogna conoscere bene il Paese per agire chirurgicamente su tutte le criticità e potenziare tutti i punti di forza».

Italia Viva si sente ancora a pieno titolo nel governo?
«Italia Viva è il riformismo che manca al Paese e di cui c'è bisogno. Non ci sono forze di serie A o B. Siamo a pieno titolo nel governo e ci resteremo finché avrà senso per la qualità delle politiche che vengono messe in campo. Non ci interessano né rendite di posizione né posti di governo a prescindere. Se c'è una cosa di cui nessuno può dubitare è questa. Se fossimo ascoltati di più, senza dover avere puntualmente ragione nei fatti il giorno dopo, oggi molte cose sarebbero diverse».