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Bellanova: “Gli sconti per il Sud da soli non bastano. Ora servono gli investimenti”

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Estratto dell'intervista di Alessandro Di Matteo, "la Stampa" e "il Secolo XIX", 9 agosto 2020. 

Teresa Bellanova è soddisfatta dei 600 milioni a sostegno della ristorazione e della filiera agroalimentare, per difendere questa misura ha lasciato la clinica dov'era per accertamenti ed è andata a litigare in consiglio dei ministri. «Ritenevo necessario almeno un miliardo di euro da investire nella tenuta della ristorazione, il cui fermo ha prodotto enormi criticità per quel settore e per il nostro agroalimentare, un pezzo essenziale del sistema-paese e del made in Italy nel mondo. Non potevo permettere che venisse vanificata quella misura».

Ha faticato molto per difendere la norma? Chi faceva resistenza?
«La discussione è stata forte, a tratti conflittuale. Più di contrapposizione politica che di merito su una misura che, non a caso, è un paradigma per la capacità che ha di generare fatturati pari a quattro volte le risorse investite e che ha un solo obiettivo: aziende aperte e persone al lavoro. C'è bisogno di misure produttive, capaci di restituire forza e prospettiva. Ho lavorato per questo».

Carlo Cottarelli, sulla Stampa, lamenta una mancanza di strategia in questo dl agosto, e solleva dubbi sulla fiscalità di vantaggio al sud, che invece Conte definisce «storica».
«Stimo Cottarelli e condivido la sua impostazione: non contingenza ma strategia, priorità agli investimenti pubblici ben programmati, riforma della Pa, giustizia efficace ed efficiente. Molte misure contenute in questo Dl vanno in una direzione che Italia Viva ha definito di attacco: il rinvio delle tasse per gli autonomi, l'estensione del Fondo di garanzia al Terzo settore, il potenziamento dei Pir, la fiscalità di vantaggio per il Sud. Quest'ultima soprattutto incrocia quella politica di forte e strutturale riduzione del costo del lavoro per lavoratori e imprese che come Italia Viva riteniamo necessaria. Ovviamente non sostituisce la necessità di investimenti infrastrutturali nel Mezzogiorno, che invece devono ripartire subito. Al Sud come al Nord».

La fiscalità di vantaggio per il sud potrebbe essere il grimaldello per le gabbie salariali?
«Assolutamente no. Abbiamo da recuperare gap infrastrutturali e di crescita nelle aree a minore intensità di sviluppo. Significa qualità territoriale, capacità di attrazione di investimenti, qualificazione del mercato del lavoro. La discussione sulle gabbie salariali l'abbiamo liquidata quasi 50 anni fa».

A che punto è il "Recovery plan", il piano per spendere in modo appropriato le risorse che arriveranno dall'Ue?
«Ci stiamo lavorando. Niente progetti sponda ma solo quelli utili e di strategia. Ogni pagina del "Recovery plan" dovrà avere un obiettivo esclusivo: rilancio, rilancio, rilancio. Ogni curo investito dovrà produrre almeno il doppio. Non servono misure assistenziali, che rischiano di portarsi dietro lavoro nero e immobilismo. Non si può vivere di cassa integrazione in eterno. Le persone vogliono lavorare, sentirsi utili, la dignità del lavoro è questo. Serve investire sul sistema-paese. Ho fatto una domanda nei giorni scorsi: vogliamo ancora essere la seconda manifattura europea? Io non ho dubbi».

Pretenderete che il governo chieda i 36 mld del Mes?
«Lo diciamo da mesi. Se serve lo ribadiremo a settembre. Quelle risorse sono necessarie. Il futuro del Paese è cosa troppo seria per non prevalere su pregiudizi e rendite di posizione ideologiche». 

Chi lo desidera può leggere l'intervista completa a questo indirizzo.